LA VEDETTA SUL MEDITERRANEO

Il bastione denominato il “Forte” o “Fortino” è ubicato all’estrema punta del molo di Giovinazzo e fa parte della cinta di muraria della città ponendosi quale baluardo difensivo del porticciolo e dell’intero borgo. Sin dalla sua edificazione – le prime notizie certe risalgono al 1488 – l’edificio ha avuto una funzione e una destinazione prettamente militare.
Nel corso dei secoli la struttura ha subito numerosi interventi di rafforzamento quale opera difensiva, soprattutto per fronteggiare la pirateria ottomana che imperversava tra il settecento e l’ottocento dello scorso secolo.
In particolare, nel XVI secolo, viene ristrutturato e ampliato dai sovrani aragonesi le cui insegne sono ancora ben visibili sul lato a mare del forte insieme a quelle di San Tommaso Apostolo patrono della città di Giovinazzo. Tali stemmi testimoniano chiaramente sin dalle sue origini la natura pubblica del bene che apparteneva al demanio e veniva gestito dal Comune. In tal senso diverse sono le testimonianze di archivio. Nel 1555 il vescovo di Giovinazzo chiese all’Università di destinare il forte alla conservazione delle artiglierie e delle polveri per levare “le sporchezze che si menano in detto torrione”.
Da un libro dei benefici ecclesiastici del secolo XVIII depositato nel fondo della Curia vescovile dell’Archivio diocesano della stessa città si legge, poi, che: “item da questa Università di Giovenazzo si esigge carlini sette sopra il suo torrione sopra il lido del mare ove si dice la punta grande ove anticamente era il sedile dei nobili e si chiama il sedile di Sant’Apostolo”.
La costruzione con la relativa batteria militare è ben visibile poi anche nelle prime carte topografiche tra cui quella dell’ing. Militare Carlo Gambacorta 1598 e quella più famosa di Giambattista Pacichelli del 1703 dove il “Forte” è identificato con la lettera M (nella legenda della carta viene indicato come “baloardo” cioè baluardo militare) ed è riconoscibile una batteria di cannoni posti sul terrazzo – piazzale e dalle bocche di fuoco sottostanti.
L’intera costruzione, come è riscontrabile ancora oggi, è dotata di un’ampia piazza d’armi e di doppio piano di casamatte per le artiglierie poste sui due lati a Nord e Nord Est a diverse altezze dal mare. L’accesso alle batterie militari sottostanti – collegate tramite una serie di passaggi con il resto della cinta muraria – avveniva da un’apposita porta d’ingresso posta all’interno del fornice di accesso alla fortezza.
Nel corso dei secoli l’Università di Giovinazzo si occupò della manutenzione, rafforzamento e dotazione di nuove artiglierie della sua batteria, nel 1745 dovette donare volontariamente i suoi cannoni al nuovo Re di Napoli Carlo III di Borbone.
Da una perizia dell’architetto Mastropasqua eseguita nel 1804 su mandato dell’Università conosciamo poi l’esatta estensione delle mura giovinazzesi che tra torri baluardi e cortine erano lunghe 3034 palmi napoletani in particolare si legge dal documento il forte era esteso palmi 555 “dal bastione sporgente verso Greco Levante del Palazzo ducale all’altro bastione che lo termina verso tramontana e palmi 80 da questo al palazzo vescovile contiguo”.
Nel 1816 il “Forte” fu rafforzato da un buon numero di cannoni e da un presidio di truppe francesi e vi era un servizio di pubblica telegrafia. Nel 1820 vi è una dettagliata ricostruzione della batteria di Giovinazzo, rilevata dal ten. Colonnello Francesco Ferrara, che mostra l’ingresso alla rampa presidiato da una sentinella e l’ampio terrazzo demaniale dove insisteva la stazione telegrafica. In forza del Regio decreto del 30 dicembre 1866 la cinta della città di Giovinazzo cessò di essere considerata come opera di fortificazione, ma il “Forte” rimane comunque nella pubblica disponibilità in quanto sede di un servizio di pubblica telegrafia e, contrariamente, al resto della cinta muraria, resta un’area militare.
Infatti nel primo decennio del XX secolo nell’approssimarsi del primo conflitto mondiale il “Forte” viene riutilizzato dalla Regia Marina nell’ottica delle politiche di potenziamento delle difese costiere dell’Adriatico e sopraelevato con una nuova Stazione di Vedetta. Costruita su tre livellidiviene punto trigonometrico e semaforo marittimo nonché sede, insieme al forte, del presidio militare.
Tale situazione si protrae anche durante il secondo conflitto mondiale come si rileva anche da Ricordi di vita cittadina Giovinazzo 1861 – 1952 del dott. Saverio Daconto, il quale al Capitolo VIII –riferendosi al periodo 1938/1941– scrive che presso il “fortino” era dislocato un reparto della Real Marina con cinquanta uomini che ivi alloggiavano. Nel periodo della seconda guerra mondiale si è insediatato anche un comando tedesco.
Nel dopoguerra la Stazione di Vedetta viene assegnata ad un fficiale dell’esercito, tale D’Agostino, il quale con la sua famiglia vi abita sino alla fine degli anni Cinquanta.
Da quel momento in poi come tutto il borgo antico di Giovinazzo il “Forte” e la “Vedetta” cadono in uno stato di necrosi e abbandono. La “Stazione di Vedetta” e la terrazza del forte viene dimessa dalla Marina Militare ed entra a far parte del demanio pubblico dello Stato e viene vincolata quale bene storico artistico con declaratoria del 3 novembre 1978 . Si conosce con certezza, inoltre, la consistenza e la precisa descrizione del bene anche in un documento del 9 novembre 1973, in cui la Stazione di Vedetta della Marina viene erroneamente messa all’incanto, che ricalca perfettamente quella fatta graficamente dal Ferrara nel 1820.
La vendita all’incanto, giova precisare, venne poi bloccata, stante la natura demaniale del bene, che, come visto, venne successivamente vincolato (1978) entrando a far parte del demanio dello stato, ramo storico artistico. Sino a quando non viene chiesto e ottenuto in concessione dall’Associazione Vedetta sul Mediterraneo che lo destina a bibliomediateca del mare.